Alessandro Riva, Andrea Zucchi. I Colonizzatori e i serpenti venuti da Tènedo, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Galleria Arte & Altro – Grossetti, Milano.
C’è questa stanza. Luminosa. Pareti grigiastre – metalliche. Odore di zolfo. Gas nervino. Sbarre di ottone. Sulla parete, un oblò. Dal di fuori, i Nuovi Colonizzatori ci guardano. Cavalli. Scimmie. Giraffe. Un agnello – il vincitore del concorso L’Agnello più Grasso del Mondo – se c’è ancora un Mondo, là fuori. E’ panciuto, soddisfatto: come solo i Colonizzatori sanno mostrarsi, in certe occasioni. Dentro, i frammenti di quel che eravamo – del nostro mondo di un tempo. Un coltello. Il calco di una mano – segata al polso assieme al seno su cui era abituata a posarsi – o aggrapparsi. Pesi (blu: 2 Kg). Un martello. Un teschio – d’orso. Una conchiglia. Una pera. Una zucca. Un melograno – simbolo di morte, ricordi? Il mito di Demetra, e della figlia Persefone, rapita una notte da Ade, e costretta a rimanere negli Inferi per averne mangiato; un chicco: soltanto un chicco – tanto è bastato, per rimanerci per sempre (e il dolore si risveglia. E’ ancora lì, cocente – la sua immagine trasuda dalle tele. Immagine di dolore: del dolore. E non del nulla, o del caso, o del caos – come vorrebbero farci credere. Ma infine – silenzio, silenzio! Un po’ di decenza, vi prego! E non divaghiamo). Siamo qui, dentro – e ora anche qui, al nostro fianco, sono entrati i Colonizzatori. Hanno il passo regale. L’aria arrogante e altezzosa. A volte, sorridono – o rosicchiano foglie. Denti cariati. Gengive. Odore di muschio. L’affreux rire de l’idiot! Qui a fianco, sul tavolo, vicino al mappamondo – una scimmia. Il triste uakari dal muso rosso! Fuggito dal Rio delle Amazzoni. Lento e goffo nei movimenti. Timido: apparentemente. In via d’estinzione – nel nostro mondo. Quello di un tempo. Ma qui? Colonizzatore, anche lui. Come la nasika, che legge il suo proclama al microfono – panciuta, soddisfatta – in breve, oscena. E il bufalo dalle lunga corna: il ragazzo con la fascia gli dedica, ossequioso, una preghiera. Il casuario, intanto, con passo felpato, il corno a elmetto ritto in testa, le ali – “di nessuna utilità” – abbandonate sui fianchi, le zampe sode e robuste, fa la ronda intorno al suo trofeo: un tronco d’uomo. Evirato. Appeso a un gancio. Macellato. Dietro a lui, la città risplende ancora di luci – ricordi? Vivevamo lì – un tempo. Prima che i Colonizzatori arrivassero a rovesciare i confini del Mondo. Prima che ci accorgessimo che il Colpo di Stato, atteso e bramato per anni, nelle notti di luna – perquisizioni casa per casa, polizia, anfibi, elmetti, casa a soqquadro, urla, spintoni, Kossiga, Siegh Heil! –, contro il cui spettro avevamo lottato e bruciato e distrutto e messo a ferro e fuoco interi quartieri – l’abbiamo fatto, o era un sogno? –, il Colpo di Stato era già qui, tra noi – si era insinuato così, indifferente, tra i nostri giochi, i nostri sorrisi, i nostri acquisti, nella nostra voglia di Africa o India, nel nostro guardarci allo specchio al mattino, e persino – è possibile? – nelle nostre letture. Ma allora, Zucchi, allora, mi chiedo – chi è quel Laocoonte che si contorce al tuo fianco, sul tavolo – è davvero tuo padre, a cui lui, mi dici, sostiene tanto di somigliare, o è un Laocoonte qualsiasi, uno dei tanti, anonimi e misconosciuti, che soccombettero, dopo lunga lotta, ai serpenti venuti da Tènedo?
Alessandro, sì, uno dei tanti, anonimi e misconosciuti, che soccombettero, dopo lunga lotta, ai serpenti venuti da Tènedo?
Alessandro Riva arte: mi piace questa materia per me?
Sbarre di ferro ottone; metalliche:Scimmie.Il calco di u S intere Colonizzatori